Strani mestieri

Dopo tre giorni di lontananza dal mio pc, al ritorno ho trovato una
prevedibile lunga serie di e-mail spedite per lo più da quegli amici con
cui ormai intrattengo solo più un rapporto telematico. Nel senso che
magari non ci sentiamo al telefono da sei mesi e non sappiamo neanche se
uno dei due nel frattempo è diventato padre, però quei dieci “inoltra”
quotidiani che ci facciamo vicendevolmente ci fanno sentire fruitori di
un’amicizia che in realtà esiste solamente negli archivi dei provider.

In questa lunga serie ce n’era una inerente ai lavori “strani” svolti
nel mondo, corredata con una serie di foto esplicative, dove si potevano
vedere all’opera un’annusatrice di ascelle, una masturbatrice manuale di
cavalli per l’inseminazione artificiale, una raccogli-feci di elefanti,
una tergi-sperma per i gabbiotti di vetro dove si assistono agli
spettacoli porno, e tanti altri singolari professionisti immortalati
durante lo svolgimento del loro lavoro.
Tale messaggio mi
ha fatto venire in mente la storia che vi sto per raccontare.

Correva il mese di
ottobre del 1997, ed io ero ospite, insieme ad altri amici, a casa della
ragazza di Luca, un mio amico, in una splendida villa nella quale ognuno
aveva il suo spazio e la sua privacy grazie all’elevato numero di metri
quadrati che ci circondavano.
Era sabato pomeriggio, ed io, dopo aver
passato qualche ora a letto, venni colto da un’inevitabile senso di fame
che mi portò di fronte alla porta argentata di un frigorifero americano
grande quanto Giuliano Ferrara. Prima di aprire questa mastodontica
struttura mi venne lo scrupolo di chiedere il permesso, ma non volendo
disturbare Laura (la padrona di casa) che da qualche ora si stava
intrattenendo, tanto allegramente quanto rumorosamente, con Luca nella sua
camera da letto, decisi di agire e, presa la maniglia a due mani, aprii
questo gigantesco “armadio par giasso” (detto nella lingua della padrona
di casa).
Ciò che mi apparve mi lasciò esterrefatto: in ognuno dei
6-7 ripiani che componevano il frigo c’erano due serie di 20-30 yogurt
l’una suddivise per gusti. Mi ritrovai dunque di fronte ad un banco di Carrefour formato famiglia, con l’unica differenza che la scelta era ridotta ad una sola marca.
Superato lo stupore iniziale, e senza farmi troppe domande, presi una confezione al gusto banana, che, notai in maniera assolutamente casuale, recava come data di scadenza 17/10/1996.
Posto che il mese e il giorno erano compatibili, ma l’anno un pò meno, pensai ad un errore di stampa. Cosa che venne confermata dal fatto che tutta la yogurteria presente aveva lo stesso anno di scadenza e solo alcune differenze di giorni. Presi coscienza di ciò, e con assoluta naturalezza aprii il vasetto che con altrettanta naturalezza mi mostrò un colore e un odore normale, cose che mi confortarono ulteriormente e mi convinsero a mangiare lo yogurt.
Non passarono più di due minuti e Laura iniziò ad urlare a squarciagola il mio nome. Ma non, come pensavo io, per motivi puramente orgasmici (cosa che in parte avrebbe appagato il mio io), ma per qualcosa che ancora non riuscivo a capire.
La frase “dovecazzosei? staraimicamangiandounoyogurt? ” precedette di qualche secondo il suo corpo semi-nudo e visibilmente provato dalle ultime due ore.
Ora, immaginatevi me: una bella ragazza, con più cose a vista di un mobile dell’Ikea, mi chiede abbastanza incazzata se ho mangiato uno dei suoi 200-250 yogurt………. la risposta “No Laura, figurati” è la prima cosa che poteva uscire dalle mie labbra e dal mio cervello un pò turbato dalla situazione e dalla visione geometrica del suo corpo. Anche perchè pensavo che, una volta occultato il vasetto, non se ne sarebbe mai accorta.
E invece lei apre il frigo-Ferrara, e, dopo una breve conta, mi urla delicatamente “Cazzooooo, ne manca uno alla banana!!!!! – “Ma…” provo io “veramente” – “E cazzoooo, non hai visto la data di scadenza?”, urla sempre più furente e nuda lei (nuda perchè l’asciugamano che la copriva nel frattempo stava provando l’effetto della forza di gravità) – “Si, infatti …” – “Infatti cosa? cazzo!!!, Ma com’era?” – “Beh, era buono”, sempre più rincoglionito – “Ma di che colore era? Aveva la muffa? E l’odore era normale? Come stai? Hai vomitato?” – E mentre snocciolava queste domande degne di Starsky e Hutch, tira fuori un tabellone gigante con tante righe e tante caselline da riempire, con in alto il nome della marca dello yogurt stampato in uno splendido rosso. – “Vomitato?….. vomitato???? e perchè vomitato?” – “Beh…” con un tono un pò più pacato “…a me a volte capita…. sono i rischi del mestiere” – “Del mestiere!! e di che mestiere??” chiedo con timore – “Oh cazzo!!!…… non sai che faccio l’assaggiatrice di yogurt scaduti?”

Strani mestieriultima modifica: 2004-03-30T00:30:13+02:00da
Reposta per primo quest’articolo