L’albero degli zoccoli

Andando contro alcune regole non scritte del mio blog, oggi ho deciso di scalare le vette dell'hard con un racconto che mi vede giovane protagonista.
Non so se in questa mia decisione abbiano avuto maggiore influenza i velati accenni al sesso che animano i post di Under-pressure o i continui riferimenti che l'ormai famosa "sorella porca" di Change distribuiva nei suoi scritti, il clima trasgressivo che si respira a casa di Law piuttosto che quello godereccio che aleggia dalla mia iena preferita, i sogni – e non solo – erotici del caro Matteo Hotkiss o tutto il blog del mio amico MangiaP, o magari il fatto che Acci non creda che il mio post Lei e Lui parte prima sia la cronaca di una realtà ormai passata.
Non so veramente chi o cosa dovrete incolpare, o ringraziare, per tale meraviglia, ma oggi va così, e quindi beccatevi questa chicca.

Correva l'estate del 1991 ed io mi trovavo, come ovvio, nella mia amata Duna Verde. Come forse non è risaputo da chi non ha mai avuto la gioia di soggiornarvi, a Duna non ci sono molte da cose da fare, sia a causa della ridotta estensione che a causa della migrazione ripetitiva degli stessi elementi, anno dopo anno.
Viste queste due cose l'unico sport effettivamente praticabile, soprattutto in giovane età ed assenza di vincoli matrimoniali, era quello dell'accoppiamento selvaggio. Sport che vedeva ogni anno dei campioni di tappa, dei campioni di categoria e dei campioni assoluti (vedi il mio post "zoccola e tettola"), ma che ogni tanto ci regalava dei partecipanti estempoaranei che duravano tanto quanto il loro breve soggiorno.
Io, manco a dirlo, avevo i miei bei perché nel suddetto sport, conquistando a volte posizioni di tutto rispetto nelle varie classifiche, e la fortuna, compagna indispensabile per primeggiare, quell'anno decise di farmi un gradito regalo proprio alla fine di agosto.
Durante una triste e piovosa giornata conobbi infatti Silvia, una ragazza trevisana che doveva partire il giorno dopo. Ovviamente il mio spirito era animato da intenti nobili, ed era per quello, per farla entrare in classifica come "rookie" dell'anno, che cercai di introdurre approfonditamente determinati argomenti, ma la signorina purtroppo fece la restia e mi negò questo piacere. Il giorno dopo partì ed io abbandonai in fretta l'idea di riuscire a salvare in zona Cesarini il mio campionato. Ma, come ho detto prima, il destino aveva in mente grandi cose e la sera stessa Silvia mi chiamò (grazie papà che hai messo il telefono anche al mare) per chiedermi di andare da lei, in quel di Carbonera, il giorno seguente.
Felice come un mandrillo mi presentai alle sette di sera a casa sua, dove la trovai in abiti succinti e con lo sguardo di chi non ha mai conosciuto l'ornitopenìa in vita sua o, come direbbe un mio amico, di chi ha visto più cazzi di un urologo a fine carriera. Appena salita in macchina mi propose di saltare la cena e di andare nella sua casa di campagna, sita in un paesino dall'evocativo nome di Cornuda.
La casa era molto bella e si trovava al centro di un immenso parco-giardino di sua proprietà, ma a dir la verità non ebbi la possibilità di guardarla più di tanto, perché la buona Silvia mi butto a terrà non appena entrati e, senza fare troppi convenevoli, mi trombò selvaggiamente con buona gioia di entrambi. Non so quanto il tutto durò, ma ricordo che, con lei saldamente aggrappata alle sue posizioni,  riuscii a visitare più o meno tutte le stanze della casa.
Verso le undici ero pronto per riaccompagnarla a casa – il coprifuoco dato dal padre era alle undici e mezza – ma lei mi disse che, a patto che le promettessi di non ridere, mi voleva raccontare una sua fantasia. Mi confidò che il suo sogno era di essere presa con forza stando aggrappata ad un grosso albero che aveva in giardino e che era una cosa che desiderava da sempre.
Naturalmente il mio dolce animo non poteva rifiutarsi di esaudire il desiderio di questa gentile donzella. La portai dunque in giardino, dove effettivamente svettava un imponente albero che aveva un ramo che, grazie ad un muretto, si trovava all'altezza giusta per esaudire il suo desiderio. La legai quindi all'albero, braccia e gambe, e, grazie forse anche all'attività precedente, feci ciò che voleva per quasi un'ora, dandole una soddisfazione che, a giudicare dalle continue urla, doveva essere notevole.
Ormai era quasi l'una e l'unica speranza che potevo avere era che il padre si fosse già addormentato. La riaccompagnai quindi di corsa a Carbonera con l'intento di lasciarla lontano da casa, in modo che la macchina non svegliasse nessuno, ma tale proposito fu tristemente cacciato dalla visione di un uomo che passeggiava nervosamente sulla statale e che lei riconobbe come suo padre.
Ovviamente mi fermai per farla scendere, ma il simpatico omino mi chiese di fare altrettanto:
– Così tu saresti il ragazzo di mia figlia?
– Ma no, sono solo un suo amico, ci siamo conosciuti qualche giorno fa
– Ah si, e dove?
– Al mare, a Duna Verde
– E tu sei venuto fino a qua solo per vedere un'amica?
– No….cioè si…cioè ….
– Va beh, lasciamo perdere……hai visto che ora è?
– Si….
– E lo sapevi che doveva tornare quasi due ore fa?
– No….cioè si…cioè…
– Lo sapevi…e ciò nonostante l'hai portata solo adesso!!!
– No…cioè si…cioè…
– E io cosa dovrei fare?
– Niente spero…
– Eh no…. Il minimo che io possa fare è ringraziarti…
– Eh???
– Certo ti devo proprio ringraziare
– Ma……veramente…
– Permettimi proprio di farlo: grazie, sei stato proprio un gentiluomo
– ???
– Gli altri normalmente me la lasciano legata all'albero!!!!

L’albero degli zoccoliultima modifica: 2005-11-23T13:20:20+01:00da
Reposta per primo quest’articolo